É davvero da tanto che non scrivo.

Le cose vanno bene, piuttosto bene. Il primo mese al lavoro nuovo é stato duro e ho avuto una piccola crisi la prima settimana in cui mi hanno lasciata sola davanti al PC senza alcuna supervisione.

Non ero più abituata a dei ritmi di lavoro normali, al fatto di avere responsabilità, a interagire con dei clienti. In più i miei erano appena venuti a trovarmi e, anche se li adoro e quando vengono a vedermi é sempre una gioia, é anche molto stressante.

Giustamente vogliono fare un po’ di turismo quando vengono qui, che in questo caso significa stare in movimento durante tutto il week end, una cosa a cui non sono abituata in generale, figuriamoci all’inizio di un nuovo lavoro, quando il sabato voglio solo buttarmi nell’immondizia.

Poi ci sono le discussioni tra i miei, che non si mettono mai d’accordo su cosa fare, e le ricerche disperate di ristoranti spagnoli che servano cena e pranzo ad un’ora accettabile per i loro canoni (impossibile).

Livelli di stress estremi a parte al lavoro mi trovo bene. Inizio a muovermi con più tranquillità e a sapere più o meno come gestire le cose. Lo stipendio é leggermente superiore di quanto pensassi, la gente é simpatica e non mi annoio mai.

Certo, in giornate come oggi, alla vigilia dell’inizio di una nuova settimana, mi prende quella nostalgia mista a tristezza tipica delle domeniche ai tempi della scuola e mi sento in ansia all’idea di iniziare una nuova settimana di lavoro e iperattività.

Ma poi la settimana inizia e passa in un lampo. Dopo tanto ho mille cose da fare e la giornata lavorativa dura 10 minuti. E sto bene, mi sento bene!

Nel frattempo, nell’incubo Hitchcockiano in cui lavoravo prima continuano a comportarsi da bastardi e un ex collega cacciato a pedate senza molte cerimonie dopo 7 anni di lavoro mi ha chiesto di aiutarlo perché vuole andare in tribunale a reclamare quel che é suo e ha bisogno di testimoni.

Non so ancora se accettare o meno, il mio desiderio di tranquillità si scontra con la voglia di seppellire quei maledetti sotto una valanga di merda.

Non so se si nota ma non sono troppo ispirata stamani, ma ci tenevo a dare un piccolo segnale di vita 🙂

Besos, Deli

I am still alive

Torno a farmi sentire dopo un’assenza lunghissima da questi schermi per dichiarare che sono sopravvissuta a questo intenso mese d’agosto.

Ci eravamo lasciati a inizio agosto, due settimane prima della mia partenza per le vacanze in Italia, in piena crisi lavorativa post-licenziamento.

I primi 15 giorni di agosto sono stati turbolenti dal punto di vista emotivo. Mi era stato appena detto che non mi avrebbero rinnovato il contratto di lavoro e stavo tentando di capire se l’altra azienda in cui avevo fatto un colloquio a luglio mi avrebbe assunta a partire da settembre con uno stipendio migliore.

Ma non anticipiamo i fatti.

Nei primi quindici giorni di agosto ero in crisi nera, l’azienda non mi diceva nulla ed ero stressata all’idea del viaggio in Italia, sia per l’altalena emotiva che comporta tornare a casa che per le varie scartoffie covid (quest’ultima ansia é stata amplificata a dismisura dall’ex-collega sopranniminato ansiogeno che, in procinto anche lui di tornare in Italia, malinterpretava tutte le indicazioni sanitarie facendomi dubitare di me stessa e inducendomi a credere di dover fare mille tamponi).

Sono sopravvissuta trascinandomi in spiaggia quando le paranoie prendevano il sopravvento e usando Netflix per una media di 10 ore al giorno).

Il rientro in Italia, invece, alla fine, é stato bellissimo. Ho passato momenti stupendi con la mia nipotina, godendomi le sue risate infantili e i mille abbracci e temendo l’arrivo della temutissima adolescenza che ormai é alle porte. La prossima volta che tornerò é facile che sia già fidanzata. Lì saprò definitivamente di essere vecchia.

Sono uscita con mio padre per le passeggiate serali nei campi, ho cucinato con mia mamma, ho riso a crepapelle con Ju, Debbi e Michi circondata da gattini e musica, ho cenato pizza (deliziosa pizza italiana!) a casa di mia sorella, ho fatto le 5 del mattino a chiacchierare con Debbi sul terrazzo di casa sua, ho rivisto l’amico d’oltremanica e ho persino rivisto Valentina dopo secoli di silenzio, scoprendo che anche se si preme il tasto ‘pausa’ le amicizie vere restano sempre lì, piene di affinità e risate.

Sono stata felice.

Così felice che per la prima volta in 6 anni da expat ho pensato, forse per la prima volta, di voler tornare. L’idea di tornare a un futuro incerto ha sicuramente influito nel desiderio di voler tornare indietro. Chissà, forse un giorno…

Ora, però, sono passate due settimane, e sono reduce dalla mia prima settimana in un lavoro nuovo.

Ebbene sí, l’azienda mi ha assunta, anche se lo stipendio rimane quello indicato al colloquio (buono, ma non quanto il vecchio).

E niente, la scorsa settimana ero (manco a dirlo) super in ansia ma nel week-end mi son fatta forza e ho preparato tutto per iniziare col piede giusto: cibo in quantità da portare al lavoro per pranzare fuori, casa ordinata per riordinare la mente, macchina lavata per far buona impressione e un outfit preparato per ogni giorno per evitare crisi esistenziali mattutine davanti al guardaroba.

E ragazzi, per ora, come recita il titolo, sono ancora viva!

Sono ancora spaesatissima, ovviamente, e conosco solo una manciata di colleghi. Il lavoro sembra interessante. Il carico di lavoro é grande e i ritmi sono acceleratissimi, il che é un cambiamento rispetto al lavoro precedente, in cui passavo ore fissando il monitor con occhio vitreo senza nulla da fare.

Potrebbe essere un bene o un male. L’assenza di cose da fare distrugge l’anima e rende la giornata lavorativa eterna. L’eccesso, però, può essere ugualmente devastante.

Bisognerà attendere e vedere come va.

Besos, Deli!

Annaspando

Lunedì ho scritto una mail all’azienda per la quale ho fatto un colloquio alcune settimane fa e che sembrava interessata a me dicendo che ero interessata al lavoro e chiedendo se era possibile aumentare lo stipendio.

Ieri, dopo una mattinata di controlli compulsivi de infruttuosi alla mail, esasperata dai miei stessi pensieri e dalle solite ansie, ho preso lo zaino e l’asciugamano e sono partita per il mare con un libro di 1000 pagine che inizio ed abbandono ogni anno.

É stato meglio che rimanere chiusa in casa, ma verso le 5 e mezza non ce l’ho fatta più e ho deciso di telefonare. L’incertezza é la cosa che tollero meno in questo momento.

Purtroppo la telefonata si é rivelata inutile perché la tipa di HR con cui ero in contatto é in ferie e il tizio che mi ha risposto non sapeva manco chi fossi. Mi é stato detto che avrebbero passato una nota al servizio di ricerca personale e che mi avrebbero fatto sapere qualcosa ieri o oggi.

Manco a dirlo, ieri non ho saputo nulla, quindi mi attende un’altra giornata di attesa, anche se sono già persuasa del fatto che abbiano assunto un’altra persona e che non riceverò alcuna chiamata oggi.

In tutto ciò, ho commesso un errore da dilettante e ho reso la mia famiglia partecipe di tutto questo, cosí ora il carico di ansie e giudizi é centuplicato. Tra due settimane tornerò in Italia dopo quasi due anni, e mi vergogno ad ammetterlo ma sono spaventata.

Sono tornata centinaia di volte avendo un buon lavoro, una stabilità, una vita niente male, e nel giro di una settimana mi ritrovavo comunque col culo per terra, trattata (pur involuntariamente) come una bambina irresponsabile, inaffidabile, che non sa niente della vita.

L’idea di rientrare con tutte queste ferite aperte mi terrorizza, sinceramente.

P. é fuori per lavoro, e anche se all’inizio ero sollevata all’idea di rimanere sola con la mia centrifuga di pensieri confusi, ora ne sento la mancanza. Trascorro gran parte delle giornate sola, pur avendo la possibilità di vedere o sentire amici.

Mi sento esposa, sopraffatta, impreparata ad affrontare il mondo, desiderosa di rimettere ordine nella mia testa prima di espormi nuovamente al caos che mi attende fuori.

Fired

Venerdì, a tre ore dall’inizio delle ferie, un paio di colleghi ed io abbiamo ricevuto una mail: siamo spiacenti di comunicarti che dopo 3 anni e mezzo di contratti a progetto abbiamo deciso di non rinnovarti proprio ora che ti spettava l’indefinito. Ci spiace non avertelo detto chiaramente due mesi fa, tre settimane fa, due giorni fa quando hai chiesto se avevamo preso una decisione. Ci sembrava più dignitoso avvisarti l’ultimo giorno con una mail vigliacca. Cordiali saluti.

E cosí finisce la mia esperienza lavorativa più assurda e strampalata di sempre.

Ora ho due opzioni: disoccupazione per qualche mese o iniziare con un lavoro nuovo a settembre.

C’é chi mi dice di prendermi qualche mese di riposo per viaggiare, riposare, disporre del mio tempo. C’é chi mi dice di buttarmi sulla nuova offerta di lavoro ricevuta che c’é sempre tempo per stare fermi.

E poi ci sono io, che negli ultimi 3 giorni mi sono scorticata le dita delle mani fino a farle sanguinare mentre l’indecisione mi dilaniava.

Poi oggi, verso le 5 del pomeriggio, stufa di soffrire e frustrata dinnanzi alla mia evidente incapacità di scegliere tra:

a) un lavoro nuovo che potrebbe piacermi o che potrei odiare, ma che mi permetterebbe di affermare “da quando mi sono laureata non ho mai passato un giorno senza lavorare”;

b) la possibilità di passare qualche mese come padrona assoluta del mio tempo, senza l’attesa spasmodica dei week end o la conta dei giorni di ferie;

ho creato un’opzione c) scrivere all’anzienda (che per quanto ne so potrebbe anche aver assunto un’altra persona, anche perché ho trovato una loro mail di oltre una settimana fa che non avevo visto e alla quale non avevo risposto) e dire “hey, se vi garba ancora il mio profilo io sono interessata al lavoro, ma che ne dite di aumentarmi lo stipendio iniziale di 150-200 euro?”.

E niente, inizialmente mi sono sentita sollevata, é un modo per ricevere uno stimolo che mi aiuti a decidere, in un senso o nell’altro. L’idea é stata avallata dalla mia amica dei caffé pomeridiani e da P., mentre mio padre si é mostrato scettico e più propenso all’idea di accettare il lavoro e punto.

Adesso, varie ore dopo l’invio della mail incriminata, il sollievo é evaporato e sono -tanto per cambiare- in ansia e persuasa di aver commesso un enorme errore di valutazione che rimpiangerò amaramente quando finirò a vivere sotto ai ponti.

L’idea, adesso, é quella di godermi queste “ferie” leggendo, uscendo a fare sport, andando al mare, e controllare la mail una sola volta al giorno per vedere se l’azienda risponde.

Plausibilmente, tuttavia, finirò come una grottesca Bridget Jones che si deprime e e affoga nell’alcool in attesa di una chiamata o un messaggio.

Cheppalle però.

Risorse di Stocazzo

Il colloquio della settimana scorsa é andato bene, o questo deve aver pensato l’azienda, dato che mi han detto che sono interessati ad assumermi a partire da settembre.

Il lavoro, a pelle, non mi attira moltissimo. Attualmente lavoro come traduttrice, mentre li tornerei al magico mondo del costumer care. Nel passato sono stata in un servizio clienti per un paio di anni e mi é piaciuto più di quanto potessi pensare: tra colleghe ci si aiutava e si rideva tantissimo, le ore passavano in un batter d’occhio e i clienti, insulti a parte, portavano sempre una nota di colore.

Tuttavia, anche se ora lavoro in un posto più tossico di Chernobyl, godo di una serie di benefici ai quali temo di essermi abituata molto, tra i quali un eccellente stipendio e la possibilità di lavorare al PC senza interagire con altri esseri umani.

Certo, il prezzo che sto pagando per questi benefici sono altini:

  • Esaurimento nervoso a giorni alterni
  • Assenza di un contratto fisso dopo 4 fottuti anni
  • Dialoghi surreali avvenuti oggi con la risorsa disumana che afferma “tu vai tranquilla in ferie che qui hai un posto di lavoro… Ma preparati a qualsiasi evenienza!”
  • Riunioni altrettanto surreali con capi di sezione che ti chiedono a cosa ti dedichi perché “può darsi che ti mettano a lavorare per me”.

Eh beh, meno male che abbiamo le idee chiare, dopotutto le ferie iniziano tra una settimana e finiscono giusto a scadenza contratto quindi direi che tempo ne abbiamo a bizzeffe.

A parte l’idea di chiedere una indennizzazione all’attuale datore di lavoro per sottometermi a una chirurgia plastica per rimuovere la borsa scrotale che ho sviluppato nel corso di questi mesi, il piano, al momento, é questo:

  • Godermi il week-end perché non se ne può più di rovinarsi la vita con ‘sta storia
  • Vedere se il commercialista può risolvere alcuni dei miei dubbi amletici, uno dei quali é: ma se mi offrono un nuovo contratto meno vantaggioso e rifiuto ho diritto alla disoccupazione?
  • Ricordare che non esistono unicamente questi due lavori al mondo

Besos, Deli

News!

La scorsa settimana la sottoscritta ha finalmente ricevuto la prima dose del vaccino!

Non ho avuto alcun effetto collaterale a parte un leggero dolore al braccio sinistro. Bello, vero?

E invece no, perché per movimentare un po’ la situazione il mio corpo ha deciso di farmi venire il mestruo e di farmi uscire di nuovo una ciste all’inguine delle dimensioni di una noce.

Il venerdì offrivo uno spettacolo grottesco mentre mi trascinavo per il mondo con un braccio incancrenito, i crampi alla pancia e un bubbone purulento piazzato giusto in mezzo alle gambe.

Indomita, ho subito chiamato il mio medico di famiglia, un 86enne che odia la propria vita e il proprio lavoro e che mi ha prescritto per telefono un antibiotico che in quanto a effetti collaterali sta giusto sotto l’ingestione accidentale di acido muriatico.

“Eh, signorina, se le fa venire la diarrea vuol dire che funziona!”.

Seems legit.

Venerdì pomeriggio ho comunque invitato una amica a casa, pur rischiando di iniziare a espellere liquidi da ogni orifizio in qualsiasi momento.

Il week end, invece, l’ho trascorso agonizzando sul divano con dolori ovunque e la pressione bassissima.

Il fronte lavorativo continua ad essere un limbo. Human Resources tace nonostante la richiesta di informazioni inoltrata ieri e ormai manca pochissimo alla scadenza del contratto. Il prossimo lunedì sarà il penultimo e ogni volta che ci penso mi scandalizzo da sola all’idea che quel pezzo di merda imbustata di HR continui a mantenermi nel limbo.

Una novità, tuttavia, c’é: lunedì ho un colloquio! Ultimamente ho inviato alcune candidature, il più delle volte credendoci poco.

Le offerte in estate non sono moltissime, di solito, per cui pensavo di cercare a partire da settembre. Inoltre, dopo oltre un anno e mezzo lontana dalla mia famiglia non voglio rinunciare alle ferie di agosto, covid permettendo.

Fare un colloquio a luglio sapendo già di non poter iniziare a lavorare fino a settembre mi pareva un po’ azzardato e motivare il tutto con “non voglio rinunciare alle ferie” mi faceva temere di incasellarmi nello stereotipo del Millennial Choosy che non vuole lavorare in estate perché deve andare a Ibiza.

Tuttavia, vedendo un’offerta più o meno adatta al mio profilo e con poche persone iscritte ho deciso di buttarmi e – pur sapendo che fino a settembre non intendo iniziare a lavorare – mi han chiamata per un colloquio.

Ovviamente é solo un colloquio, non vuol dire nulla, ma dato che é da quando ho 18 anni che i telegiornali mi parlano di recessione, giovani disoccupati e crisi economica, questa cosa mi aiuta a vedere le cose con un po’ più d’ottimismo.

Besos, Deli

Tired

La spedizione dallo psicologo la settimana scorsa é stata al limite dell’assurdo. Avevo appuntamento alle sette e mezza e sono arrivata puntualissima, a costo di cancellare un appuntamento che avevo preso previamente con il veterinario per vaccinare i gattini.

Dopo aver trascorso circa mezzora in sala d’attesa con una tipa che poteva essere facilmente mia figlia che mi chiedeva a intervalli regolari il mio nome ho iniziato ad avere il cazzo girato e ho provato a chiedere spiegazioni.

A quel punto, forse per timore che me ne andassi e impazzissi o perché al posto mio vedevano una sagoma del dollaro, per guadagnare altro tempo mi han fatto sedere in una stanza di vetro con le porte aperte vicino alla quale transitava la qualunque, e la ragazzina in età prepuberale ha iniziato a pormi domande del tipo “cosa mi racconti di te?”.

Dopo 20 minuti buoni di autoanalisi davanti alla sbarbatella ecco che arriva lo psicologo che, nonostante l’immane ritardo, decide di inanellare varie battute sui suoi viaggi di gioventù in Italia che prontamente ho annotato nel mio quaderno intitolato ”Cose di cui non me ne fotte un cazzo”.

Finalmente vengo fatta entrare nell’ufficio, dove lo psicologo, nell’ordine:

  • Impiega 3/4 d’ora a scrivere il mio cognome
  • Mi fa vedere un video di YouTube
  • Risponde a una chiamata di una paziente (presumo) con problemi sentimentali e conclude la chiamata con “non so perché VOI donne *inserire luogo comune a piacimento*”
  • Fa l’occhiolino quando chiedo se posso pagare con carta di credito dicendo che preferisce i contanti

Sono uscita alle 10 e mezza, dopo ben 3 fottute ore, con un margine di un’ora e mezza per farmi la cena/il pranzo del giorno dopo. Adesso ho appuntamento venerdì, perché nonostante sia stata un’esperienza oscena sono incapace di dirlo in faccia al diretto interessato, un po’ come quando esci dal parrucchiere col taglio di Fantaghirò e ringrazi il parrucchiere prima di andare a casa a piangere.

L’idea é quella di chiamare e disdirla, anche se ammetto che il testo che lo psicologo mi ha lasciato in cui si parla di critica interiore é parecchio azzeccato per i miei problemi, ma che mi smerdo da sola lo so da un pezzo, il problema é capire come smettere di farlo!

Voi dareste una seconda opportunità allo psicologo dopo una prima esperienza cosí molesta? Let me know!

Litigata enorme con P. venerdì scorso perché non sono presente, mi faccio assorbire da ansie e paranoie assortite e un 50% della vita di coppia la passo imparanoiandomi. La litigata é stata sgradevole ma catartica e abbiamo passato un bel week end godendo della compagnia reciproca, come non succedeva da tempo.

La situazione lavorativa continua ad essere un lento ammosciamento di palle e io continuo a non sapere un cazzo. Domani chiamo un commercialista per chiedere consiglio qualora, invece di licenziarmi, decidessero di farmi un nuovo contratto a termine e pure peggio retribuito.

Il passo successivo sarà chiedere risposte che mai arriveranno al sacco di merda di Human Resources.

E poi niente, non mi abituo all’orario intensivo e mi sveglio sempre con gli occhi come due zampogne, ci sono 42-43 gradi e mi é appena venuto il mestruo con una settimana di anticipo, il che spiega le ventosità degli ultimi giorni e la stanchezza cronica.

Domani mi vaccino, finalmente. Un piccolo, grande traguardo!

Besos, Deli

Instability

La situazione prosegue più o meno uguale a prima.

Dopo oltre un mese di incertezze lavorative sono ancora qui a scaldare la sedia e nessuno si degna di dire nulla a me o ai colleghi.

Le due opzioni che paiono più probabili sono:

  • Licenziamento
  • Millesimo contratto a termine e con stipendio più basso

Entrambe le opzioni sono molto allettanti come vedete.

Per il resto mi trascino nell’afa estiva senza nessuna voglia di fare nulla e spaventata dal viaggio che mi attende ad agosto per tornare in Italia, perché amo la mia famiglia ma in questo momento ho tante di quelle ferite esposte che l’unico luogo in cui mi sento al sicuro é il mio minuscolo appartamento in cui posso mangiare gli avanzi della paella della domenica a mezzanotte senza essere giudicata da nessuno a parte me stessa (e tanto basta).

Paelle notturne a parte, però, ammetto di stare abbastanza bene.

Alla fine, si sa, ci si abitua a tutto, anche a pendere da un filo, e le ansie e le palpitazioni sono sparite da oltre una settimana lasciando posto a un discreto scazzo misto ad una rabbia malamente repressa.

Tuttavia oggi ho il primo appuntamento da uno psicologo. L’appuntamento l’ho preso dopo un week-end di pianti, mal di testa lancinanti e ansia dilagante, un week-end che pare essere successo decenni fa a una persona totalmente diversa dalla me attuale.

Insomma, non ho molta voglia di andare, oggi. Ma l’esperienza mi insegna che la dinamica é sempre la stessa: dramma, crisi esistenziale, disperazione, lenta ripresa e periodo di calma apparente. Quando sei disperata rivedi la te stessa di qualche giorno prima, calma e tranquilla, e ti sembra una demente, una povera illusa, e quando sei calma la versione isterica di te stessa ti sembra un incidente di percorso, un’anomalia che mai e poi mai potrebbe tornare a verificarsi.

Credo sia giunto il momento di mettere queste due parti di me a confronto e di cercare di ricavarne una persona che sia emotivamente stabile.

Besos, Deli

Du palle

Il mio destino lavorativo continua a dipendere da un filo e i tentativi di non pensarci falliscono miseramente quando, ahimé, sono costretta a stare per ore da sola a fissare il monitor senza un cazzo da fare tranne pensare al mio triste destino.

A volte riesco quasi a non pensarci, a prendere le congetture e le frustrazioni e a buttarle in un angolino remoto del mio cervello, ma puntualmente succede qualcosa che riporta tutto a galla.

Tipo riunioni in cui ti senti in dovere di fare la brillante, di venderti bene come se fosse un colloquio, quando in realtà l’unica cosa che ti senti in grado di fare é esclamare “fate un po’ il cazzo che volete” e andartene trascinando per terra il sacco scrotale che ti han fatto sviluppare a base di stronzate.

Insomma, una giornata di merda che viene a coronare oltre un mese di merda. Una giornata così dimmerda che nel giro di 8 ore son passata da “ah, figata! Oggi é già mercoledì, credevo fosse lunedì!” a “fanculo, come cazzo é possibile che domani sia solo giovedì?”.

Sono stanca.

La ricetta per la felicità

Caffelatte e biscotti al cioccolato mentre i gattini si rincorrono per il corridoio.

Un’ora di auto in compagnia di Barbero che parla di reti clandestine, anche se ormai conosco la lezione a memoria.

Il mio super lettino da spiaggia con le ruote e l’ombrellone sbilenco che temo sempre finisca conficcato nello sterno di qualche bagnante al primo colpo di vento.

Panino con mortazza e una birra fresca presa dal benzinaio.

Un libro di Elena Ferrante ancora da iniziare nell’e-book.

E poi sabbia, alghe, onde violente e il silenzio quasi irreale di questa spiaggia enorme e poco trafficata.

Dopo settimane di apatía, grattacapi, preoccupazioni, pianti, litigi e ore perse vedendo la tv senza aver voglia di fare nulla a parte lamentarmi, oggi, per la prima volta, i problemi tornano a essere un po’ meno spaventosi, dei fastidi quasi trascurabili, come un sassolino che scivola fuori dalla scarpa quando arrivi in spiaggia e finalmente rimani scalza.

Respiro a pieni polmoni nella speranza di portare un po’ di salsedine, sole e ottimismo con me in città.

buon week-end!