Bene ma non benissimo

Non é un gran bel momento, questo.

Al lavoro la situazione ha subito una svolta -manco a dirlo, in peggio- nelle ultime settimane, per motivi totalmente estranei alla sottoscritta e ai colleghi.

Per motivi di privacy non posso fornire dettagli ma forse é meglio così, dato che i tentativi di spiegare il teatro dell’assurdo in cui lavoro a, per esempio, mia sorella e i miei genitori, si sono rivelati inutili e persino frustranti.

Solo P. e la mia migliore amica conoscono i dettagli del manicomio in cui lavoro e capiscono (più o meno, perché a essere onesti ci sono dei retroscena che non capisco manco io) l’assurda situazione in cui mi trovo.

Ma diamo un taglio alle ciance, che quelli che scrivono blog criptici in cui non si capisce una sega mi irritano almeno quanto gli stronzi che lanciano frecciatine su Facebook, e andiamo al sodo. Nel corso delle ultime settimane, Deli ha esperito quanto segue:

  • riunione di emergenza in cui si scopre che il capo evanescente non é più il capo.
  • scoperta di inquietanti novità da fonti extra-ufficiali sul capo evanescente.
  • varie ore di macero e di elaborazione di teorie bislacche con i colleghi.
  • conferma del fatto che, una volta silurato il capo, la seguente cosa da silurare é il nostro ufficio.
  • riunione mattutina con gente sconosciuta.
  • tentativo (fallito) di spiegare ai miei familiari la situazione, seguito da rassicurazioni basate sul nulla condite da “allora, ci sono novità?”.
  • colloquio per “trasmettere un messaggio di calma” con la Santa Inquisizione un cui ti viene detto “il tuo lavoro pende da un filo ma tu stai tranqui funky” e, successivamente, ti viene puntata una luce in viso e ti vengono poste delle domande manco fossi l’ex segretaria di Vito Corleone.
  • giusto per rendere il tutto più emozionante aggiungiamo un bel raffreddore che mi ha trasformata in una repellente fabbrica di muco che si sfonda di pastiglie alla liquerizia e di spray nasale.

Dopo questa meravigliosa trafila di eventi non stupisce il fatto che mi trovi, ora, a mezzogiorno mezzo di una domenica di sole, spaparanzata a letto col trucco sfatto di ieri, ad amareggiarmi pensando alla nuova settimana che incombe e alle riunioni del cazzo che mi toccherà fare per cercare di impressionare persone che alla fine decideranno se rinnovare il mio contratto o meno in base all’oroscopo del giorno.

Verrebbe voglia di non provarci neanche, non fosse che la disoccupazione fa paura e le offerte su infojobs fanno cagare a spruzzo.

Insomma, vorrei sfanculare tutto, ma sono troppo povera per essere coerente.

In tutto questo, ammetto che cerco di non essere troppo severa con me stessa, ma una vocina mi dice che dovrei impedire che questa assurda e sgradevole situazione diventi una scusa per convertirmi in una larva umana.

Sarebbe drammatico se non fosse ridicolo

La situazione lavorativa della sottoscritta -dopo oltre un anno di stallo ed incertezze assortite- é diventata direttamente una barzelletta.

Ce ne sarebbero da raccontare, tutte cose esilaranti e al contempo deprimenti, ma la discrezione, si sa, é importante. Vi basti sapere che il mio contratto a tempo determinato si tiene in piedi con lo sputo e che mi aspettano altri due mesi di incertezze e di lunghe ore davanti al pc senza una sega da fare. A meno che qualcuno ai piani alti decida di farla finita subito.

Poi c’é una probabilità dello 0.00001% che mi rinnovino e condivida l’ufficio con Hannibal Lecter, Jack lo Squartatore e Barbara Durso, che mi direte voi qual é la prospettiva più promettente.

E niente, tocca aspettare, star qui a fare la muffa e pensare ad altro.

A questo punto direi che l’ausilio di un professionista é la miglior decisione che possa prendere!

Ehm

Urge che recuperi la volontà e la voglia di fare, ma più ci provo meno riesco nel mio proposito. Anzi, mi faccio venire pure l’ansia per le cose che dovrei fare e non sto facendo, alimentando un vortice senza sosta di sensi di colpa e inadeguatezza.

Non c’é che dire, proprio un bel vivere!

Riassumendo, ho trascorso l’ultimo week end, atteso manco aspettassi la venuta di Cristo, tra letto e divano, con la tv costantemente accesa e mangiando panini di soppressata e formaggio fuso un orari improbabili, accompagnati da tazzoni di latte e cacao.

I motivi di questo decadimento fisico-psicologico potrebbero essere molteplici e la maggior parte di essi é da rintracciare nella mia testa, che ancora una volta ha deciso di focalizzarsi sui 1001 motivi per i quali sono una persona di merda che non si merita un cazzo e che nella vita ha sbagliato tutto.

Bello, vero?

E niente, volevo continuare il post con la lista di cosa da fare, perché magari scrivendole qui mi scoccia un po’ di più non portarne a termine neanche una, ma leggo e rileggo la frase che ho scritto nel paragrafo precedente e penso che essere produttivi é giusto e importante, per carità, ma forse é meglio che prima vada da un professionista che mi aiuti a tenere a bada quella vocina che da dentro mi demolisce e mi umilia costantemente, ché mi pare evidente che da sola non mi riesce di metterla a tacere.

Besos, Deli

Locura

Alla fine é successo.

Sono andata al lavoro e sono tornata a casa con un mini gatto randagio di sesso ambiguo (sono stata un due cliniche veterinarie, in una dicono che é maschio e nell’altra che é femmina) di circa due mesi.

Già prima la casa sembrava la Berlino della Guerra Fredda: Berlino Ovest per il gatto, Berlino est per il cane, anche se il gatto poteva agevolmente scavalcare il muro. Non che cane e gatto non vadano d’accordo, diciamo che si tollerano, ma bisogna evitare che il cane mangi il cibo del gatto.

Ora abbiamo anche un lazzaretto per il mini gatto, in quarantena in attesa dei test per verificare se é portatore di qualche vairus.

La quarantena a casa mia non finisce mai, insomma.

Ho già detto che il mio appartamento é di circa 50 metri quadrati?

Ecco.

Ho decisamente un problema.

Adieu.

Update semiserio e semifrivolo

Ritorno su questi schermi con un umore decisamente migliore rispetto all’ultimo post e con alcune novità.

A) Dopo un lungo rimuginare e dubbi amletici di varia natura ho finalmente acquistato i biglietti aerei per tornare in Italia ad agosto. Ora non resta che sperare non vengano cancellati all’ultimo minuto come un qualsiasi Regionale proveniente da Torino Porta Nuova e diretto a Sestri Levante. Ah, e bisogna anche cercare di capire come/dove/a quale prezzo fare il tampone prima e dopo il viaggio, dato che ad agosto é altamente improbable che sia vaccinata.

B) Restando un tema vaccini, mio padre ha ricevuto la prima dose di AstraZeneca. Ora manca mia mamma e se dio vuole potrò viaggiare, dopo un’attesa di un anno e mezzo, con la certezza di non mettere a rischio la salute dei miei cari.

C) Al lavoro fila tutto abbastanza liscio, sono occupata ma non troppo e questa settimana é trascorsa abbastanza velocemente (se escludiamo la giornata di oggi, che già si prospetta interminabile). Continuo ad avere attacchi d’ansia intermittenti in cui penso alla possibilità di trovarmi a settembre senza lavoro, ripenso a tutte le stronzate dette/fatte al lavoro e – già che ci sono – ripenso a tutti gli errori da me commessi da quando ero alle elementari ad oggi. Serve a qualcosa martoriarsi cosí? No. Riesco a smettere di farlo? No. Dovrei forse cercare aiuto professionale? Eccome! Eppure procrastino, chevvelodicoaffa?

D) Domenica scorsa sono andata, per la prima volta quest’anno, a passare il pomeriggio al mare. Ormai fa caldissimo e quella spiaggia, ormai, per me é un luogo mistico. Il rumore delle onde, l’odore del mare e di crema solare e la sabbia calda sotto i piedi. Al mare mi sento serena, padrona del mio tempo, felice. E poi, non c’é niente di meglio che un buon libro da leggere sotto l’ombrellone! Poi vabbé, non ho portato la sdraio perché pensavo di stare poco e ho macinato 4 kilometri a piedi con uno zaino di 6 quintali sulle spalle, quindi sono rientrata con la schiena spaccata in due e un malessere che non vi sto a dire, ma non vedo comunque l’ora di tornare.

E) Passiamo ora alle cose frivole! Nel corso dell’ultimo mese ho perso 1.7kg. Partivo da un peso di 63.2kg e mi sono proposta di tornare al mio peso di sempre, ovvero i 55 kg, facendo movimiento e mangiando meno hot dogs, hamburger, patatine fritte al sapore di “formaggio stagionato” (riescono ad essere disgustose e buonissime allo stesso tempo, giuro!) e altre deliziose ed immonde schifezze analoghe. Sempre in tema estético/superficiale, ho deciso di contattare una clinica estetica per sottopormi a un trattamento non invasivo per risolvere un complesso che mi porto appresso dalla pubertà e che speravo – invano – potesse sparire con la maturità. Ebbene, inizio ad avere i capelli bianchi, ma il complesso é sempre li, quindi vediamo se si riesce a risolverlo un qualche modo. Qualora dovessi andare fino in fondo e a qualcuno interessasse il tema, vi dedicherò un post, anche se mi vergogno come una ladra a parlare di queste cose e più ne parlo più mi pare di raggiungere il livello intellettuale di Alfonso Signorini.

Besos, Deli

Keep calm

Ancora una volta mi paleso alla vigilia del fine settimana, giornata ideale per fare un bilancio della settimana trascorsa e per pianificare quella in arrivo.

Venerdì scorso, addirittura, mi son fatta prendere dall’audacia e ho stilato una lista di buoni propositi da portare a termine entro la domenica, con scadenza successivamente rimandata al martedì.

Non é andata malissimo, devo essere sincera. La lista dei propositi era questa:

  • Recuperare il corso di portoghese (fatto, anche se con enorme fatica).
  • Perdere peso (fatto, ma solo in minima parte)
  • Fare sport nel week end (unico obiettivo pienamente soddisfatto).
  • Porre soluzione a un fastidiosissimo problema di salute (in corso, martedì ho appuntamento dal medico).

Buoni propositi a parte, la settimana é stata piuttosto positiva. Avevo lavori urgenti da fare e scadenze inverosimili, ma sono riuscita a consegnare tutto entro i tempi previsti.

Come mi capita spesso e volentieri nella settimana pre-mestruo, ho il lato destro del collo incancrenito, fatico a prendere sonno, mi sveglio sudata fradicia e dolorante, ho i disturbi intestinali di una persona che si alimenta a base di fagioli, lenticchie e legumi vari e poco ci manca che cammini per casa al buio farneticando sulla brevità della vita mentre brandisco un teschio umano.

Tuttavia, ormai so di essere destinata a trascorrere 3-4 giorni al mese in tali aberranti condizioni, e saperlo mi aiuta a a) non pormi la pericolosa domanda “cosa non va in me?” b) fare un uso illimitato di tisane rilassanti, borse dell’acqua calda, ore ed ore di televisione e, quando necessario, di ananalgesici.

Sembrerà banale, ma riconoscere un mio momento di debolezza psico-fisica e coccolarmi e spronami gentilmente invece di sentirmi frustrata ha dimostrato di essere una strategia vincente, e ha permesso che una settimana potenzialmente infernale come questa diventasse una settimana niente male, in cui mi sono rilassata, ma ho anche fatto molte cose utili.

Non mi resta che redigere la lista per la prossima settimana 🙂 Baci, Deli

Piattume rulez

Le ferie sono finite e questa prima settimana di lavoro scorre – per il momento – abbastanza tranquilla.

Da ieri sera piove ininterrottamente, l’ufficio é deserto e attendo che arrivi la pausa pranzo a spezzare in due la giornata.

Aspetto con ansia il weekend, anche se le piogge torrenziali proseguiranno, probabilmente, fino a martedì prossimo. Sogno di affondare nel letto fino alle 10, darmi lo smalto, vedere serie tv che P. detesta col gatto acciambellato accanto a me sul divano e cazzeggiare impunemente con la valida scusa del maltempo.

A dire il vero, giusto per dare un impulso di qualche tipo a questa esistenza piatta nell’epoca covid, ho anche stilato una lista di obiettivi e buoni propositi da portare avanti da oggi a domenica. Che più sono a corto termine e meglio é, altrimenti viene l’ansia.

Eviterò, per mantenere un pizzico di dignità, di condividerla sul blog. Magari lo faró domenica sera, qualora dovessi riuscire a mantenere almeno qualche proposito.

Ma il livello é tipo Bridget Jones o peggio, sappiatelo.

Bah, torno a picchiettare la tastiera fel Pc con fare indaffarato.

Besos, Deli

Scleri mattutini e damage control

Ho iniziato queste ferie con un solo proposito: rillassarmi.

Nel corso del mese di marzo sono stata parecchio svogliata, non avevo molta voglia di cucinare, pulire casa ed ho iniziato a trascurare alcuni hobby e buone abitudini iniziate nel corso delle ferie natalizie o a portarle avanti in modalità “risparmio di energia”, facendolo solo il minimo indispensabile.

La prima settimana di ferie, in effetti, non è stata dissimile dal resto del mese di marzo. Sono uscita a camminare di tanto in tanto, ma non tutti i giorni e non macinando 15 chilometri per volta come nei periodi d’oro, e le mie lezioni di portoghese si sono incagliate leggermente. Dopo due o tre giorni di dieta sana, ho ricominciato a mangiare grissini e formaggio a cena e ad andare a letto con sandwich di prosciutto, formaggio e maionese sullo stomaco.

Dopo una prima spesa al supermercato in cui ho acquistato di tutto di più, ho ricominciato ad evitare il Carrefour e qualsiasi altro negozio di alimentari e non, per cui convivo con una lampadina mezza fusa in cucina da oltre tre giorni che poco ci manca che mi venga una crisi epilettica ogni volta che decido di cucinare qualcosa (se per cucinare intendiamo assemblare panini e aprire pacchetti di patatine fritte).

Ci sta, sono in ferie e voglio rilassarmi, sbracarmi sul divano e vedere video pruriginosi in cui un qualche Royal Expert dice la sua sulla scandalosa intervista di Harry e Meghan.

Tuttavia, negli ultimi due giorni la cosa è degenerata non poco, e ieri sera è tornato a perseguitarmi un mio caro e vecchio conoscente: il dolore al lato sinistro del collo.

Insomma, sono tesa. Nervosa. Preoccupata.

Il motivo? Cerco di darmi una risposta da qualche giorno, ahimè senza troppi risultati. Le cause possono essere molteplici:

a) L’esaurimento dovuto all’eterno protrarsi della pandemia e l’impossibilità di tornare a casa.

b) Alcuni problemi personali ed avvenimenti recenti di cui preferisco non parlare ora, che coinvolgono anche P.

c) Il fatto di disporre di molto tempo libero e di non sapere bene come riempirlo dato che sono a casa da sola e le mie amiche sono altrove, ad eccezione di Ali.

d) Il lavoro

Già, il lavoro. Lo scorso anno, in questo stesso periodo, avevo le ferie, eppure mi sono ritrovata a lavorare quotidianamente, un po’ per via della “situazione straordinaria” dovuta alla pandemia, e un po’ perché “intanto c’è il lockdown, che cazzo c’avete da fare a parte rispondere alle mail?”.

Il timore che questa situazione si ripetesse quest’anno c’era, aleggiava nell’aria già prima delle ferie. Io, sprovveduta, ho pure avuto la pessima idea di controllare la mail aziendale due giorni dopo l’inizio delle ferie, scoprendo che ci erano stati richiesti lavori quotidianamente.

Si è deciso, a inizio settimana, insieme alla collega, di ignorare tutto indistintamente. E così abbiamo fatto, e io mi sono mangiata le mani per non controllare più la casella di posta. E quando dico che me le sono mangiate lo dico in modo piuttosto letterale, dato che ho le punte delle dita quasi in carne viva.

Insomma, il lavoro ha avuto parecchio a che vedere con il mio stato d’animo di questi giorni, inutile girarci intorno.

Questa mattina, perì, i livelli di paranoia raggiunti sono stati assolutamente inediti e preoccupanti.

Non sto a spiegare tutta la dinamica perché non ne vale la pena, ma un messaggio innocente di un collega ha aperto un vaso di Pandora non indifferente e ha portato la sottoscritta ad aprire la casella di posta nuovamente. Non solo le richieste si erano moltiplicate a dismisura: abbiamo ricevuto richieste letteralmente OGNI GIORNO e c’era anche una mail dal magico dipartimento di Human Resources.

Il contenuto della mail di per sé non era minaccioso. Tuttavia, dato che le caratteristiche principali del mio ambiente lavorativo sono l’ambiguità, l’insicurezza ed i contratti a termine, potete ben immaginare quale sia stata la mia reazione.

Il mulinello si è azionato nella mia testa e ha iniziato a formulare ipotesi, scartarle, prevedere licenziamenti in tronco e altre amenità.

Come faccio sempre nei momenti di crisi, ho deciso di ripiegarmi su me stessa a riccio e di passare il resto della mattinata rannicchiata in un angolo della vasca da bagno col rimmel che cola drammaticamente sul mio volto, anche se avrei dovuto truccarmi apposta per ottenere questo effetto, ed ho scritto alla mia amica, con la quale dovevo uscire a camminare per dirle che mi era sorto un problema e che se ne andasse a spasso da sola, sorry.

Nel frattempo il mulinello era diventato una centrifuga, una ruota della fortuna al contrario, e il mio malcapitato cervello continuava a formulare ipotesi assurde, portandomi addirittura a formulare la seguente idea: “Io ora chiamo il mio capo, col quale non parlo dal 1995, e gli chiedo che cazzo devo fare. Gli formulo una domanda diretta, semplice, chiarissima, di quelle che prevedono un sì o un no come risposta e gli chiedo: devo lavorare in ferie? ci si aspetta che lo faccia? me so’ persa qualcosa? Dimmi di che morte devo morire e io muoio, che questa ambiguità non fa per me”.

A quel punto mi sono spaventata da sola e, lottando contro i miei più bassi istinti, mi son detta “Esci da questa casa, parla con una persona che mantiene ancora qualche barlume di lucidità e cerca di calmarti”.

E così ho fatto. Con la nausea incipiente, il dolore martellante al collo e i pensieri in ammollo sono uscita a camminare ed ho esposto alla mia amica tutti i miei dubbi e i vari retroscena che non ho spiegato qui, per ovvi motivi di privacy.

Conclusione: sticazzi.

Ti hanno detto che devi controllare le mail in ferie? No. Quando hai scritto a Pincopallo per informarlo del fatto che dal giorno X la giorno Y non saresti stata disponibile, ti ha forse risposto per dirti che avrebbe dovuto inviarti dei lavori in quel periodo e chiedendoti cortesemente di farli? No. Ha ignorato le mie mail e ha continuato a scrivermi sbattendosene altamente il cazzo. Hai ricevuto solo tu la mail di HHRR o la han ricevuta tutti? A quel punto ho chiesto a un collega e l’aveva ricevuta pure lui, quindi le teorie complottiste del tipo “Ommioddio mi han scritto solo a me per cacciarmi a pedate e costringermi a vivere sotto un ponte” sono state espulse dalla centrifuga e mandate a stendere.

Infine, ci siam chieste se valesse la pena scrivere all’evanescente capo. In altre occasioni, infatti, la richiesta di delucidazioni circa questioni ambigue ha dimostrato di essere un passo falso. L’ambiguità, infatti, in passato gli ha permesso di concedere al suo team determinati privilegi che non avrebbe potuto concedere alla luce del sole, poiché in netto contrasto con le politiche aziendali.

Diciamo che concede privilegi per omissione.

Sto ancora soppesando, in realtà, se sia meglio avere indicazioni chiare (anche se questo significa rimetterci e perdere qualche privilegio) o vivere costantemente in una zona d’ombra. Vedendo la reazione avuta stamani, propendo per la prima.

Tuttavia, la decisione non spetta solo a me, ma anche alla collega, che pagherebbe le conseguenze delle mie azioni, e in questo momento sta passando per un inferno personale, per cui escludo di romperle il cazzo con questioni lavorative.

Ergo, sticazzi. Io aspetto, non faccio nulla, non rispondo a nessuno, rimango nella mia zona d’ombra ancora per un po’ e chi vivrà vedrà.

Però, ragazzi, che fatica.

In piene ferie mi ritrovo alle sei del pomeriggio incagliata sul divano col sacchettino termico a premere sul collo e con una tisana DuermeBien tra le mani e mi dico che c’è decisamente qualcosa che non va, in me e nell’ambiente lavorativo che mi circonda.

E guess what? Non posso cambiare l’ambiente lavorativo, quindi posso solo cambiare la mia reazione allo stesso.

Fosse facile.

Besos, Deli

Holydays

Sono appena andata a rileggermi il mio ultimo post, per vedere esattamente quando l’avevo scritto.

Scopro così che latito dal blog da quasi un mese.

In realtà ho tentato qualche volta di scrivere, ma alla fine ho sempre piantato i vari post a metà o appena iniziati.

Da quando lavoro di nuovo in presenza, non è più così semplice ritagliarmi 15-20 minuti per scrivere sul blog; non che non abbia tempo libero, anzi, ma era molto più semplice trovare l’ispirazione quando ero obbligata a trascorrere otto ore davanti al mio portatile e, oltretutto, non avevo un cazzo da fare.

C’è da dire, poi, che nell’ultimo mese il lavoro si è moltiplicato di brutto. Dopo mesi e mesi in cui poco ci mancava che la collega ed io ci mettessimo a giocare a burraco, abbiamo iniziato a riceve richieste incessanti e talvolta davvero assurde, a rischio elevatissimo di figure di merda.

Tra l’assenza di lavoro e l’eccesso, preferisco l’eccesso, tuttavia le cose avvenute nel corso di questo mese di marzo avrebbero messo alla prova la pazienza di chiunque.

Per dirne qualcuna: gente che alle 9 del mattino di manda un lavoro che richiede almeno due giorni per essere ultimato e ti chiede di consegnarlo entro le 18:30. Poi ti scrive in chat per chiederti di confermare che hai ricevuto il materiale, ovviamente senza salutare che ‘sti salamelecchi son solo perdite di tempo, e già che c’è di chiede di consegnare il lavoro entro le 16:30. Non paga, poi, continua a chiamare e a scartavetrare i coglioni per chiedere “Quanto manca?” che mi ricorda tanto me quando avevo sei anni e mia madre mi portava a messa la domenica, e ogni cazzo di volta anticipa di mezzora la deadline, tanto per gradire.

Senza scendere nei dettagli, poi, basti pensare al fatto che tutte le mail ricevute (o quasi) sono urgentissime, e che nessuno mette in conto il fatto che tu stia facendo altri lavori, che ti siano arrivate altre richieste “urgentissime” da altri che credono di essere ‘stocazzo. Macché, scherziamo? Io sono io e voi non siete un cazzo.

Questo è il mood generale, insomma.

Ora che sono in ferie, dovrei cercare di staccare un po’, perché non so se si nota ma c’ho giusto un po’ il dente avvelenato. Tuttavia ho commesso l’errore di controllare la mail e di scoprire che, proprio come l’anno scorso, han deciso tutti di fingere che le nostre ferie non esistano, e hanno continuato a chiedere roba senza neanche disturbarsi nel dire “Scusate, so che siete in vacanza, ma c’è stato un imprevisto”. Tuttavia, a differenza dell’anno scorso, in cui peraltro eravamo murate in casa per il lockdown, questa volta abbiamo deciso di ignorare le mail, TUTTE, anche quelle di “pezzi grossi” che si sono guadagnati tale nomea per “meriti” genetici e sticazzi.

Tuttavia, memore dell’esperienza dello scorso anno, mi aspetto in qualsiasi momento un messaggio sul cellulare dal gran capo, per cui ho passato la mattinata finendo il lavoro richiesto dal pezzo grosso in questione. Non lo invierò, perché la mia collega ed io abbiamo deciso insieme di imporre noi dei limiti, dato che nessuno pare disposto a porseli da solo, ma lo salverò su GoogleDrive per averlo sempre a disposizione nel telefono. Così, se dovessi ricevere una chiamata o un messaggio dal capo mentre sono a casa di una amica, in giro a camminare o in spiaggia, potrei inviare il materiale senza vedermi obbligata o correre a casa in preda al panico come è già accaduto altre volte.

Chiusa la parentesi lavoro, le cose da dire circa questo mese di marzo non sono molte e non sono neanche troppo gradevoli.

Sebbene ami questo periodo dell’anno, con le sue giornate più lunghe e più calde, quest’anno non riuscivo a non associarlo al marzo di un anno fa, al primo lockdown. E se il mese di marzo del 2020 è stato un mese fatto di ansia, paura e preoccupazione, per me è stato anche un mese di speranze, irrealistiche nella maggior parte dei casi. Speravo ancora, contro ogni evidenza scientifica, che in estate il virus sparisse per sempre, speravo nella scoperta di un vaccino. Di colpo mi sono rivista un anno dopo, circondata di Novax, con una campagna di vaccinazione che va a rilento, con un anno di più in saccoccia ed un anno in meno trascorso con la mia famiglia, e mi sono accorta di sperare molto meno, a di averne le palle molto più piene.

E sia chiaro, so che tutti -o quasi- ci sentiamo così. So anche di essere fortunata, in un certo modo, dato che sono asociale per carattere, amo poco uscire, adoro stare ore ed ore in casa davanti alla tele. Non oso pensare cosa sia stato quest’anno di pandemia per quelli che ogni sabato escono con gruppi di 30-40 persone per andare in discoteca. O meglio, come presuntuosa asociale che sono penso che buon per loro, magari impareranno a stare soli con sé stessi e smetteranno di piegarsi alle convenzioni sociali che esigono che per divertirsi ci si debba mettere in tiro e uscire con 30 persone con le quali si parla solo di cose insostanziali e che non chiameresti mai in momenti di reale difficoltà o crisi esistenziale, ma questo è il frutto della mia incapacità di concepire che esistano persone che apprezzano cose diverse da quelle che amo io.

Quello che volevo dire è che non sono stufa di non poter uscire, del coprifuoco, nemmeno della mascherina. Certo, si respira meglio senza, è chiaro che vorrei poter viaggiare con maggiore libertà, è ovvio che vorrei rivedere la mia famiglia dopo oltre un anno di distanza. Ma ciò che mi ha davvero rotto il cazzo è la gente. Mi hanno quadrettato le palle i coniugi 55enni su Facebook che commentano post di Diego Fusaro dicendo al malcapitato di turno “Sveglia! Non cielo dicono!”, mi hanno scartavetrato i coglioni i sostenitori dei partiti di estrema destra, mi hanno frantumato lo scroto le tifoserie politiche in generale.

Sono stanca, stufa, disgustata, demotivata, disillusa e tutto questo mi conduce ad una ovvia conclusione: che mi sono rotta il cazzo anche di me stessa.

Non mi piace la me stessa di quest’ultimo mese, non mi piace sentirmi così e comportarmi così e la logica conclusione, poiché non posso cambiare il mondo che mi circonda, è che cerchi di cambiare me stessa e il mio modo di reagire alla porcheria che mi circonda. Questa è una consapevolezza che ho acquisito poco a poco in questo mese di marzo, ma che ho accantonato più volte per dedicarmi al lavoro, o pensando che ormai tanto vale resistere fino alle ferie e poi ci si penserà con calma.

Ecco, ora le ferie sono qui, checché ne dica la mail aziendale, e questo è il mio proposito per i prossimi giorni.

Un beso, Deli