Questa mattina mi sono svegliata con il rumore scrosciante della pioggia, e anche se adesso non piove più, il cielo è ancora plumbeo e l’aria che entra dalla finestra è fresca.
Ieri ho avuto una giornata lavorativa molto intensa: la mia collega ed io dobbiamo consegnare vari lavori entro la fine della prossima settimana, ma puntualmente riceviamo altre richieste “urgenti” che ci obbligano a mollare lì tutte le nostre occupazioni e dedicarci ad altro. Risultato: ieri entrambe abbiamo lavorato mezzora oltre il nostro orario (nel mio caso questo vuol dire che ho finito di lavorare alle otto di sera) e siamo riuscite a consegnare l’ennesimo lavoro urgente e richiesto all’ultimo minuto.
Oggi, quindi, siamo tornate entrambe a dedicarci ai lavori da consegnare entro la fine della prossima settimana, ed io mi sono anche ritagliata un po’ di tempo (più che necessario) per mettere ordine nella casella di posta e tra i file del computer. Infatti, uno dei problemi dello smartworking è che ci si ritrova con il proprio PC stracolmo di file e, se si è disordinati come me, questi file si trovano un po’ ovunque: nella cartella dei download, sul desktop, ecc.
Tralasciando i mille file accumulati sul PC, un altro aspetto dello smartworking che è risultato piuttosto sgradevole per me e per la mia collega è stata la sparizione degli orari lavorativi. È capitato, infatti, che diversi colleghi inviassero richieste, più o meno astruse, a qualsiasi ora del giorno e della notte (nei week end, nel corso delle ferie [in 15 giorni di ferie abbiamo ricevuto richieste praticamente 13-12 giorni], a mezzanotte e mezza di un venerdì). Qualsiasi richiesta, ovviamente, veniva etichettata come “urgente”. Inizialmente abbiamo risposto, tentando però di fare presente che era necessario che imparassero a differenziare tra ciò che è realmente urgente (per esempio una circolare relativa al virus) e ciò che non lo è (per esempio una newsletter che viene cestinata seduta stante da chiunque la riceva). Vedendo, però, che questa strategia non funzionava, abbiamo tentato direttamente di ignorare le mail, con tutta l’ansia che può provocare a un lavoratore il fatto di essere tartassato da varie richieste nel pieno delle ferie. Anche questa strategia è fallita, ahimè, perché in molti casi tali colleghi, vedendo che le loro mail inopportune venivano ignorate, hanno scritto direttamente al nostro capo, il quale ci ha avvisate su whatsapp.
Noi, però, abbiamo continuato ad insistere, sia coi colleghi che con il capo, facendo presente che a) è necessario differenziare tra richieste realmente urgenti e non b) quando si richiede un lavoro, bisogna specificare una data di consegna, anziché pararsi il culo con la parola “urgente” per poi poter girare il lavoro a terzi il prima possibile e fare la figura del primo della classe c) nei week end e nei festivi non si devono rompere i coglioni.
Una volta finite le ferie, c’è stato qualche altro debole tentativo di richiedere lavori per il week end, ma sono stati prontamente sfanculati, anche se non si può mai abbassare la guardia. Non per nulla ieri abbiamo regalato, tra le due, un’ora di lavoro, perché ci è stata richiesta la consegna in giornata di un lavoro che come minimo richiedeva il doppio del tempo per essere ultimato.
Lavoro a parte, questa settimana non è stata precisamente scoppiettante. Ho passato quasi tutto il tempo lavorando e con P. ed ho sentito un paio di volte la Ali. Non ho parlato con i miei, quindi credo che li chiamerò stasera o domani. In settimana dovrei anche parlare con l’amico di oltremanica, che era saturato di lavoro fino ad oggi e da domani dovrebbe essere disponibile. Claire mi ha proposto di uscire martedì prossimo, la mia prima uscita ricreativa con una persona estranea al mio nucleo domestico in più di due mesi. Credo che accetterò, anche se al bar chiederò un succo o una qualsiasi bevanda imbottigliata per non bere da una tazzina toccata da possibili untori.
Per il resto, non faccio ginnastica dal week end, ad esclusione di una lunga passeggiata fatta martedì. Tralasciando la solita pigrizia, è tornato a presentarsi un problema fastidiosissimo che mi era già capitato in passato: una cisti infiammata, causata da un pelo incarnito, nella zona inguinale. Praticamente è come ritrovarsi, dal giorno alla notte, con un mini testicolo dolorante. Fa male da seduta, fa malissimo al camminare e ogni volta che la si sfiora si vedono le stelle. Questa cosa mi era capitata alcuni anni fa, e poi era successa nuovamente proprio a ridosso della crisi coronavirus. Il medico mi aveva prescritto antibiotico per via orale e in crema, e poi mi aveva terrorizzata dicendomi che con la cura farmacologica le opzioni erano due: o la cisti si riassorbiva o scoppiava, nel qual caso avrei dovuto andare al centro medico per farmela spremere come un mandarino da una infermiera.
Ovviamente, manco a dirlo, la cisti è esplosa, e con la faccia di una persona che si avvicina alla ghigliottina sono andata all’infermeria del centro medico pronta a soffrire le pene dell’inferno. L’infermiera, però, si è limitata a applicarmi una crema e tonnellate di garza, e a dirmi che in pochi giorni la cisti sarebbe sparita.
In effetti, così è stato, ma ora ne ho un’altra. Da brava personcina vile che teme i medici, e con la scusa del virus che rende potenzialmente pericoloso qualsiasi centro medico, ho affrontato il problema cercando informazioni su internet, autodiagnosticandomi, ed infine assumendo gli antibiotici avanzati dall’ultimo trattamento. Ieri notte la cisti è esplosa ed ora non provo più dolore, anche se continuerò con l’antibiotico per scongiurare eventuali infezioni.
Mi auguro di risolvere presto il problema, anche perché mi restano 4 sessioni di laser già pagate profumatamente, e ovviamente non posso andare a farmi sparaflashare i peli finché ho bubboni inguinali.
Besitos, Deli