Mare!

Finalmente questa domenica sono andata per la prima volta al mare, come mi ripromettevo da diversi fine settimana.

La scorsa settimana è stata abbastanza tranquilla, ero di umore ottimo. L’unica preoccupazione era l’impossibilità di concentrarmi sul lavoro. Non riuscivo proprio, sopratutto nel pomeriggio. Il venerdì ho iniziato seriamente a preoccuparmi, perché oltre ai vari lavori che avevamo già appuntato nell’agenda virtuale, io e la mia collega ci siamo viste piovere addosso altre richieste “urgenti”. Ero talmente disperata, che sono arrivata pure a pensare di fare qualche lavoretto extra nel corso del fine settimana, anche se i giorni lavorativi sarebbero più che sufficienti, se la mia testa decidesse di collaborare.

Sabato mi sono svegliata sul tardi, ed ero un vero e proprio rottame. Testa dolorante, tensione tremenda al lato sinistro del collo e anche una leggera indigestione, totalmente meritata, viste le porcherie ingurgitate il giorno prima. Mi sentivo talmente a pezzi che non ho nemmeno fatto lo sforzo di trascinarmi alla farmacia sotto casa, così è iniziato il balletto dei rimedi casalinghi al malessere: beverone di acqua calda, zucchero e limone per l’indigestione; sacchettino termico scaldato nel microonde e strategicamente posizionato sul collo, innumerevoli tentativi di sonnecchiare sia a letto che sul divano.

Niente da fare, il dolore rimaneva lì. Tuttavia, mi son vista obbligata ad uscire per portare a spasso il cane, e presa da una audacia totalmente ingiustificata ho proposto ad Ali di andare a prendere un caffè al bar, nella speranza che potesse farmi bene un po’ di aria fresca e una passeggiata.

Ho sfoderato tutto l’arsenale dei rimedi della nonna, insomma, ma la prossima volta mi sa che punterò direttamente a una bella boccetta di ibuprofene.

Domenica mattina mi sono svegliata in condizioni decisamente migliori, ma mi notavo ancora un po’ strana. Una volta raggiunto il bagno ho scoperto la causa di tanto sfacelo fisico e mentale (sì, perché tra un dolore e l’altro il sabato mi sono fatta anche qualche crisi di pianto così, senza senso): IL CICLO.

Eccome no? Tutti i mesi la solita storia, e ancora non me ne capacito. Tant’è la sintomatologia pre-ciclo riesce sempre a sorprendermi con la sua originalità e ed i suoi cambi repentini, tanto da farmi sospettare ogni mese di aver contratto qualche strana malattia.

Ad ogni modo, sapendo già quale fosse il motivo del malessere, ho deciso di prendere il toro per le corna, sono andata alla farmacia di guardia a comprare il famoso ibuprofene salva-vita e sono andata in spiaggia!

Sono partita piuttosto tardi, perché dovevo portare a spasso il cane e preparare lo zaino con tanto di: asciugamano da spiaggia (ne avevamo 4 in casa, GIURO che sono spariti tutto senza lasciare alcuna traccia. Sospetto che P. li abbia trafugati ed utilizzati come giaciglio per i cani et similia), creme solari, libro, salatini, acqua, occhiali da sole, batteria esterna per il telefono, cuffiette, tabacco, cartine, filtrini, accendino. L’ombrellone, invece, giaceva già nel bagagliaio dall’anno scorso.

Alle due sono arrivata alla spiaggia e mi è venuto male vedendo la quantità di auto. Fortunatamente ho adocchiato una macchina che se ne stava andando e, paralizzando tutto il traffico per qualche chilometro, sono riuscita ad accaparrarmi il parcheggio. C’era gente, ma non tantissima, e la spiaggia è talmente ampia che non c’è il rischio di trovarsi con qualche bagnante che starnutisce o tossisce a meno di un metro di distanza.

È stato un pomeriggio molto rilassante, trascorso leggendo pigramente un libro, vedendo qualche serie sul telefono e spalmando crema solare in ogni anfratto del mio pallido corpo. Ecco, forse ho anche esagerato un po’, sono quasi più pallida di prima. Ma sempre meglio delle mie scottature extreme degli anni passati.

Verso le sei ho rimesso tutto nello zaino e sono tornata verso casa. Lungo il cammino di legno che collega la spiaggia al parcheggio, però, ha iniziato a darmi fastidio un occhio. All’inizio era un leggero bruciore, ma quando sono arrivata all’auto stavo lacrimando come una dannata, oltre a pizzicarmi il naso. Devo aver transitato vicino a qualche pianta rara alla quale sono allergica, perché era un fastidio realmente indescrivibile. Sono stata mezza cecata per tutto il viaggio un auto, e quando finalmente sono riuscita a tornare a casa non ho potuto fare altro che crollare sul divano. Notando che il dolore al collo stava di nuovo facendo capolino mi sono presa un’altra pastiglia di ibuprofene e poi ho passato la serata vedendo la tv e facendomi la manicure, attività frivola e, a mio parere, molto rilassante, che avevo abbandonato da inizio quarantena, insieme all’usanza barbara di indossare il reggiseno e di mettere in piega i capelli.

La giornata di mare sembra avermi ricaricata di energia, infatti ieri il lavoro è andato piuttosto bene (ho portato a termine alcuni lavori). Oggi, invece, sono già più pigra, come si può dedurre da questo post in pieno orario lavorativo.

La mia collega, però, mi ha appena riportata coi piedi per terra con un messaggio in chat, quindi torno a fare il mio dovere.

Besos. Deli.

Happy! :)

Questo mercoledì ha, per me, quasi il sapore di un lunedì, dal momento che ieri era festivo. Mi sento carica e piena di energia dopo la giornata di riposo di ieri, e le energie aumentano ulteriormente al pensiero che la boa di metà settimana sia già stata superata.

Sebbene sia stato impossibile passare il giorno festivo in spiaggia a causa della pioggia, è stata comunque una giornata molto produttiva: io e P. ci siamo messi a riordinare la casa a fondo e poi ci siamo goduti il pomeriggio insieme ascoltando i suoni del temporale. Una volta tornato il sole siamo andati a bere un buon caffè al bar di Javi.

Inoltre, dopo molto tempo, ci siamo concessi un delizioso hamburger fatto in casa: 250 grammi di carne, lattuga, cipolla, mayonese, ketchup e senape a profusione. Non si tratta di un pasto molto sano, ma è indubbiamente 100 volte migliore rispetto all’equivalente dei Burger King (che pure adoriamo e di cui abusiamo spesso, ahimè).

Per il resto, oggi la giornata di lavoro è stata abbastanza produttiva, anche se interrotta due volte dall’arrivo del corriere. Avevo acquistato dei poster per decorare la casa e ne avevo reclamato la consegna, dato che dovevano essere (teoricamente) consegnati entro 10 giorni e ne erano passati almeno 20. Risultato? Il venditore li ha spediti nuovamente e oggi li ho ricevuti due volte.

Inoltre, temo di non aver prestato troppa attenzione alle misure al momento dell’acquisto (ahem), ergo i poster sono decisamente più grandi di quanto non mi aspettassi. Qualche centimetro in più e potrei usarli come carta da parati e rivestire la casa intera! Inoltre, P., entusiasmato dai miei acquisti, ha comprato altri quadretti che ancora non sono arrivati. Adesso urge una redistribuzione dei quadri già presenti in casa (che sono ritratti realizzati da me e un collage di foto), oltre al posizionamento dei nuovi acquisti.

Si spera che il risultato non dia l’impressione di una casa arredata da un decoratore pazzo!

Nessun’altra novità da riportare. Come sa chi mi legge, divento laconica nei momenti positivi, e questo è decisamente un momento positivo, fortunatamente.

Besos, Deli

Una giornata di pioggia

Sembra proprio essere arrivata una tormenta. Da tutta la mattina si sentono tuoni in lontananza, il cielo è grigio e di tanto in tanto piove. È quasi piacevole, dopo il caldo esagerato degli ultimi giorni, anche se coltivo ancora la speranza che domani torni il sole per poter andare finalmente al mare.

La scorsa settimana è giunta al termine con un umore migliore di quello iniziale, anche grazie ad una amica con la quale ho scambiato infiniti messaggi vocali di 10 minuti l’uno nel corso del giovedì. Si tratta di una ragazza conosciuta anni fa, ancora su iobloggo. Lei aveva iniziato a seguirmi nei mesi precedenti al mio erasmus, e l’anno dopo era partita a sua volta. Avevamo iniziato a scambiarci messaggi privati su iobloggo e alla fine siamo finite con lo scambiarci i numeri di cellulare e diventare amiche su Facebook.

Penso sia l’unico caso in cui ho permesso a una persona conosciuta tramite il mondo dei blog di entrare a far parte della mia vita reale, e devo dire che non me ne sono mai pentita, anzi! Non ci siamo mai viste in persona, anche se qualche volta abbiamo parlato dell’eventualità di andare una a visitare l’altra, ma da parecchio manteniamo questa routine delle conversazioni in differita su WhatsApp. Non parliamo sempre, a volte passano anche mesi tra una conversazione e l’altra, ma quando parliamo il mio umore ne risente sempre in senso positivo.

Il venerdì è tornato a casa P., il che mi ha “liberata”, almeno temporaneamente, dell’obbligo di portare quotidianamente in giro il cane. In merito al cane malato, siamo ancora in attesa di una risposta dal veterinario. Stamani gli hanno fatto molte altre prove e siamo forse vicini a scoprire che patologia ha, e se si tratta di qualcosa di curabile.

Il week end è stato all’insegna dell’alimentazione sregolata. Non riesco più a spezzare l’assurdo circolo vizioso per cui a pranzo mangio cose soft e sane e a cena finisco a sgranocchiare patatine o altri cibi super grassi e indigesti.

E infatti, sia sabato che ieri abbiamo pranzato insalata, ma abbiamo cenato a base di burrata, patatine fritte e cioccolato. E considerate che qui in Spagna la cena la si fa alle 10 di sera se tutto va bene.

Insomma, oggi, per sovvertire questa perversa catena, ho deciso di fare la pizza per pranzo. Se devo rimpinzarmi come un porcello, meglio farlo a pranzo, e non poco prima di andare a dormire. E sempre meglio una pizza fatta in casa che un qualche alimento congelato pieno di conservanti.

In questo momento l’impasto sta lievitando in forno, si spera. Si spera perché con il lievito ho una relazione difficile e più di una volta ho sollevato lo straccio trepidante aspettandomi di trovare un impasto di triplicate dimensioni e ho trovato, invece, una pallina da tennis.

Speravo di andare al mare in questo week end, ma P. era molto preoccupato per il cane, che il venerdì ha avuto una crisi piuttosto seria e non riusciva a camminare. Inoltre devo ammettere che il sabato mattina non ero affatto attiva ed energica. Spesso, nel fine settimana, vado a dormire più tardi (alle 2, 2 e mezza), per godermi la libertà derivante dal fatto di non dovermi alzare al suono della sveglia il giorno dopo. Tuttavia, la sveglia biologica non tradisce, e quando non mi sveglia lei ci pensa la vescica a farmi alzare dal letto puntualmente alle 9. E niente, anche se cerco di rimanere a letto più a lungo, dopo le 9 non dormo più come si deve, ergo passo la giornata in modalità zombie.

Ieri, invece, eravamo invitati a un compleanno alle 5 del pomeriggio, per cui era da escludersi una possibile scappatina al mare. Tuttavia, domani ho il giorno libero, quindi si spera di riuscire a camminare di nuovo a piedi nudi sulla sabbia dopo quasi un anno, meteo permettendo.

Nel frattempo io lotto con il pallore a base di salviettine autoabbronzanti del supermercato (che, se usate con cautela, hanno un effetto abbastanza decente, giuro!). Va detto, inoltre, che il sabato ho fatto la mia solita passeggiata, come sempre in un orario che definire improbabile è dire poco. Mi alzo talmente tardi, infatti, e ci metto così tanto a carburare che finisco col passeggiare all’una, al picco del sole. Dato che la scorsa settimana mi ero bruciacchiata le spalle stavolta sono andata con la protezione solare, e tra questa abbronzatura da simil muratore e le salviette, mi vedo un pelino più estiva e colorita.

Besos, Deli

Apatia

Da alcuni giorni mi sembra di galleggiare in una bolla. Le ore passate davanti al PC per lavoro sembrano infinite, così come sono infinite le pagine web da spulciare per fare passare mezzora, o le sigarette fumate sul divano per simulare quella che pre-covid era la pausa caffè con la collega.

Nonostante le infinite ore passate semplicemente saltando da Instagram a Facebook, o vedendo un episodio di una serie dopo l’altro, o semplicemente fissando le pareti di casa, per qualche motivo continuo ad avere improbabili ed intempestivi momenti di produttività, per cui dopo ore seduta al tavolino del salotto tentando di lavorare, mi ritrovo nella pausa pranzo (concetto quasi assurdo di questi tempi, dato che pranzo e lavoro hanno luogo nella medesima stanza) a pulire i pavimenti o a spolverare i mobili, attività prontamente evitate nel corso del fine settimana.

Verso sera mi sento colpevole per quelle ore di lavoro perse, in particolare per gli ultimi due pomeriggi in cui alle sei, arresami al tedio e a qualche dolore fastidioso al collo, mi sono gettata sul divano lasciando il PC acceso, per essere connessa e presente seppur fossi assente.

Ogni sera mi riprometto di recuperare il giorno successivo, di alzarmi presto e di lavorare con concentrazione. Tuttavia all’una di notte generalmente sono ancora sul divano a consumarmi gli occhi davanti alla tv, o eventualmente stesa a letto incapace di trovare una postura che mi risulti comoda. Ieri sera all’una ero giù al parco con il cane, sia io che lei guardinghe, spaventate dai pochi passanti che erano in giro a quell’ora per il quartiere.

L’idea di uscire di casa per fare una lunga camminata e stancarmi mi ha sfiorata solo ieri, ma è stata prontamente accantonata. Volevo parlare con qualcuno, forse, sedermi al tavolo di un bar, liberarmi del mio patetico tabagismo domestico e giocare al ruolo della fumatrice sociale, che tra una sigaretta e l’altra si sfoga con una amica. Tuttavia Ali non era disponibile, ieri, e delle mie amiche qui è l’unica con cui ho sufficiente confidenza per uscire quando l’umore non è dei migliori, i capelli sono unti ed indosso i pantaloncini del mio fidanzato facendo sfoggio della ricrescita di peli sul polpaccio.

Non saprei dire da cosa derivi questo strano stato d’animo. Non sono arrabbiata, non sono particolarmente triste o preoccupata (o almeno, non lo sono coscientemente). Forse ho solo passato un po’ troppo tempo da sola, contando che da sabato non sono più uscita con nessuno e P. non è a casa.

Ieri mi sono presa un enorme spavento perché ho portato il cane di P. al parco per fare i bisogni ed ha iniziato a zoppicare così tanto che si rifiutava quasi di camminare. Non so se l’avevo menzionato qui, ma l’ha lasciato qua a casa perché è zoppo, e quando venerdì P. è partito per lavoro il cane si stava recuperando dall’anestesia per farle la radiografia.

Oggi sono stata di nuovo dal veterinario, ma non pare aver ben chiaro cosa succede al cane, e la medicina che gli sto dando, sebbene stia riducendo una infiammazione muscolare che pare abbia a una coscia, non sembra funzionare granché, dato che il cane continua a manifestare dolore. La sorella di P., con molta gentilezza, si è offerta di venire ad aiutarmi col cane. Le ho detto che non ce n’è bisogno (del resto, se il cane rimane piantato per strada, contando che è enorme, né io né lei potremmo mai sollevarlo di peso), ma ha insistito, quindi è molto probabile che questo pomeriggio riceva una visita di mia cognata (con cui non ho assolutamente nulla in comune) e di suo figlio, un bambino di un anno e mezzo. Chi mi legge da sempre sa che i bambini mi atterriscono, non so giocarci, non mi diverte farlo e mi innervosisce svolgere qualsiasi attività ascoltando di fondo canzoncine infantili riprodotte senza interruzioni da un cellulare.

Tuttavia, questa offerta della sorella di P. mi ha permesso di liberarmi dall’invito al compleanno del fidanzato di Ali, che si svolgerà nel loro mini appartamento… indovinate con chi? Con una coppia con un bambino al seguito. Oltretutto il il padre del suddetto bambino è un nerd con un senso of humor che alcuni definirebbero britannico, ma io definisco direttamente del cazzo. Per carità, una bravissima persona, ma quando si mette a parlare col il ragazzo di Ali (un altro nerd estremo) di videogiochi, film mai visti e mai sentiti (almeno da me) o comici che erano famosi in Spagna quando io ero in fasce, a me viene una tale quantità di latte alle ginocchia che potrei imbottigliarlo.

Insomma, mi sento un po’ sola, ma allo stesso tempo, da brava stronzona che si lamenta di tutto, sarei quasi contenta di rimanere un altro po’ nella mia bolla. Magari la sorella di P., da brava spagnola che organizza incontri senza concretare un orario ubicandoli in un ipotetico futuro, alla fine non si presenta. Divano, pacchetto di patatine fritte e abbrutimento. E magari vado a letto a un’ora decente e domani riesco persino ad essere più produttiva e meno negativa.

Besos, Deli

Il malumore della scorsa settimana é stato spazzato via con molte ore di sonno e sforzandomi inizialmente di ‘fingere’, anche e soprattutto con me stessa, di essere positiva. A volte ingannarsi é il modo migliore per imboccare la strada giusta.

La scorsa settimana io e P. siamo usciti con una coppia di amici ed abbiamo passato una bella serata chiacchierando e facendo aperitivo in un bar. É stato un miracolo trovare un tavolo disponibile, ora che i bar ne possono tenere solo la metà.

Venerdì mi sono sforzata di concentrarmi sul lavoro, dopo una settimana in cui la voglia di fare rasentava lo zero, soprattutto nel pomeriggio.

Avevo un lavoro da fare noiosissimo ma che richiedeva moltissima attenzione, cura per il dettaglio, e mi ha portato via tutta la giornata.

P. é partito venerdì, e io sono a casa con il gattino e uno dei cani, che improvvisamente ha iniziato a zoppicare. Venerdì il veterinario l’ha sedato per fare una radiografia e altre prove e mercoledì lo riporterò alla clinica per avere il responso e fare (eventualmente) altre analisi.

Ieri ho avuto una giornata relativamente piena, in mattinata ho portato a spasso il cane e poi sono tornata, dopo mesi, al centro estetico per fare il laser. Dopodiché ho fatto la spesa (una spesa demenziale senza lista e in un supermercato enorme che detesto, in cui fatico a trovare quel che cerco, ma era di strada) e poi sono tornata a casa e ho pranzato con l’aria condizionata a manetta e visto vari episodi di Mad Men.

Sul tardi ho portato di nuovo a spasso il cane e poi sono uscita con Ali. Siamo persino riuscite a intercettare un tavolo libero al bar e a bere un caffé comodamente sedute.

Una volta rientrata ho chiamato mio papá, che era un giro a camminare, e siamo finiti a fare una videochiamata con mia mamma, che nel frattempo era a casa a vedere la tele.

Oggi invece é stata la tipica domenica: una giornata in cui non si conclude nulla o quasi e ci si sente un colpa per ogni minuto di libertà perso, sapendo che presto ricomincerà la settimana lavorativa. Mi sono alzata tardi, ho fatto colazione e ho portato fuori il cane. Poi sono andata a fare una camminata di oltre un’ora. Memo: ricordare di applicare la crema solare se si decide di andare a camminare all’una. Infatti ora ho una fantastica abbronzatura in pieno stile muratore. Dopo la camminata ho pranzato e di nuovo ho passato il pomeriggio sul divano a vedere la tele. Ho tentato invano di fare una siesta, dato che in questi giorni non ho dormito benissimo, ma sono incapace di dormire nel pomeriggio. Dopo oltre cinque anni, ancora non sono riuscita a far mio questo aspetto chiave della cultura spagnola.

Verso le nove e mezza mi sono riattivata, ho poratato fuori il cane e ho proposto ad Ali di uscire, ma era occupata. Cosí ho pulito casa (era tutto in ordine, mancava solo spolverare il salotto), ho lavato il mio divano ed ho approffittato mentre il cane mangiava per cambiare la fodera del suo divano e mettere l’altra a lavare. Vedere la cesta della roba sporca vuota mi fa sentire che questa domenica non é stata cosí fallimentare.

Insomma, possiamo concludere che la visione di Mad Men mi sta trasformando in una casalinga anni ’60 in piena regola!

Besos, Deli

Ieri sera, verso le dieci, ho deciso di andare a letto. Mi faceva malissimo il collo e volevo stare coricata nella penombra a smanettare con il telefono. Ben presto mi sono addormentata, per poi finire in una spirale di sogni strani e confusi, cosa che mi accade spesso ultimamente. Verso le 4 del mattino ero sveglia, il cuscino era inzuppato di sudore ed io ero incapace di recuperare le redini del mio cervello. Pensavo a quelle che sono state le mie migliori amiche per anni, e che ormai non sento da secoli. Pensavo alle opportunità che ho avuto di costruire nuove amicizie e che ho gettato alle ortiche. Pensavo alle mille volte in cui mi sono sentita inadeguata e fuori luogo, incompetente e incapace. Il mio cervello si affannava per mettere in scena, una dopo l’altra, tutte le occasioni perse della mia vita, tutte quelle volte in cui sono stata incapace di prendere la decisione corretta, tutte le volte in cui ho commesso un errore. Tutti quei momenti in cui sentivo di aver toccato il fondo venivano riproposti davanti ai miei occhi, e non potevo evitarli, sebbene nella vita reale non faccia altro che cercare di fuggire da tutti i miei errori, di allontanare a pedate le persone ed i luoghi che mi ricordano la mia inadeguatezza.

Mi sento così profondamente umiliata quando faccio qualcosa di sbagliato, goffo o stupido, che la prima tentazione è quella di fare come una bambina sorpresa a fare qualcosa di sbagliato: negare l’evidenza, nascondermi. Sento che le persone che mi stanno attorno mi giudicano, mi vedono come un fallimento, e sebbene una parte di me sia convinta del fatto che quel giudizio così crudele, così definitivo, che vedo riflesso negli occhi altrui provenga in realtà da me stessa, non riesco comunque a convincermene del tutto.

Pretendo da me stessa di non sbagliare mai nulla, di non muovere mai un passo nella direzione sbagliata, ma invece di incoraggiarmi ad agire bene mi bastono senza sosta, critico ogni mio gesto e difficilmente sento di essere all’altezza delle mie aspettative.

È come se ci fosse una vocina dentro di me che non fa altro che criticarmi, che vedere il peggio di me. È una voce insistente, come una gocciolina che va a battere incessantemente da anni sulla stessa roccia, e poco a poco la deforma e la corrode. Basta che qualcuno da fuori si sommi a questa vocina ed il fragile castello di carte sul quale si basa la mia “autostima” crolla rovinosamente senza lasciare alcuna traccia.

Il blog, talvolta, mi è di aiuto. Quando riesco a prendere le distanze da me stessa e a rileggermi, trovo una persona abbastanza simpatica, non stupida, forse un po’ egocentrica e pessimista, ma di certo non quel mostro che continuo a ripetermi di essere.

Ad ogni modo, la negatività questa notte ha decisamente preso il volo, ed io mi sono ritrovata a singhiozzare come una disperata, affermando di essere un fallimento, di fare tutto male e di essere stanca. Il povero P. inizialmente ha creduto che avessi fatto un incubo, ma quando ha capito che stavo vivendo una specie di crisi esistenziale ha cercato di consolarmi in ogni modo, ripetendo che non devo essere così severa con me stessa, con l’incredulità di chi dal fuori vede un’immagine totalmente distinta di me.

Dopo aver pianto come una dannata per almeno mezzora mi sono nuovamente addormentata, e stamattina quello di stanotte sembrava uno strano sogno. Ho gli occhi ancora molto gonfi ma mi sento più leggera, come se insieme alle lacrime e ai singhiozzi avessi espulso anche una bella fetta di tensioni e preoccupazioni. Sento il bisogno di razionalizzare, di dare un senso a questa mia crisi esistenziale, prima di etichettarla come ennesima parentesi di pazzia da fase mestruale (che indubbiamente aiuta a fomentare le mie paranoie e ansie, ma si tratta pur sempre di paranoie ed ansie che sono sempre lì). Per la milionesima volta nella mia vita mi chiedo se non sia il caso di contattare uno psicologo (il mio di otto anni fa, che mi aiutò molto, o uno nuovo), di provare a fare meditazione (una mia amica la pratica da alcuni anni e afferma di sentirsi molto meglio) o di provare a partecipare a qualche attività in un centro buddhista della zona.

Vi capita mai di sentirvi così?

Situazione attuale

Collo totalmente distrutto dalla continua permanenza davanti al PC per il telelavoro. Due cene a base di Burger King in una settimana che mi hanno aiutata a sfondare la linea dei 60 kili.

P. continua a girare per casa fumando una sigaretta dietro l’altra, affermando “devo fare questo, devo fare quello”, ma alla fine non fa un cazzo. Dopo vari scleri della sottoscritta ha lavato i piatti, lasciando ovviamente la cucina coperta di schizzi d’olio e briciole. La lavatrice è stata svuotata per fare posto ad un altro carico di roba da lavare e la roba lavata giace sul letto, dimenticata, in attesa di fare la muffa.

Stamattina doveva fare la dichiarazione dei redditi: “Com’era l’indirizzo mail per la dichiarazione?”, “Che documenti devo mandare?”. Da circa tre ore dichiara di dover andare a fare la spesa: “Cosa vuoi per cena?”, “Mi scrivi una lista?”, “Come si chiamavano le brioche che compri per la colazione?”.

I cani girano per casa piagnucolando e chiedendo di essere portati al parco sotto casa a pisciare e cercando di mangiare qualsiasi cosa – commestibile e non- che trovano lungo il proprio cammino. Sopraffatto dai cani (suoi, e che io mal tollero) e dalla spesa, ha deciso di scendere coi cani e il carretto della spesa, di portarli velocemente al parchetto e poi di restituirmeli mettendoli in ascensore. Ma del resto, che sarà mai? Dopotutto, ogni fottuta volta che esce di casa lascia qui le chiavi, che intanto si sa che per me è uno sport agonistico ed un diletto alzarmi 340 volte al giorno e aprirgli la porta, interrompendo qualsiasi cosa che stia facendo.

Infine, mi restano altri 20 minuti e rotti da passare osservando la mail aziendale, non sia mai che inviino qualche lavoro d’ultima ora.

Cazzo quanto odio il lunedì.

Lo scazzo va aumentando inesorabilmente

Stanotte alle tre del mattino o giù di lì sono stata svegliata da P. che era rientrato dalla sua trasferta. Ogni cazzo di volta che ha il turno di notte gli suggerisco di dormire lì, e di partire la mattina dopo. Così eviterebbe di guidare nel cuore della notte, quando si ha più sonno, eviterebbe di svegliare me nel cuore della notte e, soprattutto, mi risparmierebbe l’agonia di trovarmi il giorno dopo con uno zombie buttato a peso morto sul divano.

Ma niente da fare, deve sempre fare di testa sua.

E infatti, stamattina, puntualmente, lo zombie era riverso sul divano agonizzante. Tuttavia ci ha pensato sua madre a scollarlo di lì. Ieri, infatti, dovevo teoricamente accompagnare la madre di P. all’ospedale alle 7 e mezza. Me l’aveva detto lei stessa il giorno prima, indicandomi che comunque me l’avrebbe confermato ieri in mattinata. Ovviamente alle cinque del pomeriggio non sapevo ancora un cazzo e, dopo una giornata intera in ansia all’idea di dover fuggire mezzora prima dal lavoro e pregare che non arrivassero richieste urgenti proprio in quel lasso di tempo, l’ho chiamata io. A quel punto mi ha detto che si era confusa e che la visita ce l’aveva stamattina alle undici e mezza. Le ho detto che era il caso di avvisare P., affinché organizzasse le ore di sonno per accompagnarla lui, ma la madre si è rifiutata.

Risultato: stamattina alle 10 ho dovuto svegliare un P. agonizzante a suon di percosse perché sua mamma aveva appena chiamato per sapere se lui l’avrebbe accompagnata in ospedale.

Io boh, davvero non capisco come cazzo si organizzano in questa famiglia.

Tant’è, dato che P. doveva andare di corsa in ospedale, a me è toccato l’ingrato compito di “scendere” i cani, non dopo aver ascoltato per 10 minuti buoni i guaiti e i lamenti di cane n.2, il quale inizia a frignare non appena ti vede alzarti dalla sedia e va in crescendo finché non tiri fuori il guinzaglio.

Mentre mi accingevo a raccogliere merde fumanti con un sacchettino di plastica, un’attività gradevolissima, soprattutto di primo mattino, la mia collega continuava a tartassarmi di messaggi in chat. Sono conscia del fatto che in questi giorno sono più scazzata e nervosa del solito, soprattutto oggi, ma ci sono giornate in cui davvero non la riesco a soffrire. Mi chiede consigli e suggerimenti, e quando le rispondo ha sempre qualcosa da ridire. Poi trova le imprecisioni e gli errori ovunque, sempre e comunque. Minchia, se sai tutto te arrangiati. Dio quanto mi fa incazzare la gente che chiede consigli e poi fa il cazzo che vuole.

Ma questo è il meno; piano piano, mano a mano che il mondo sembra tornare a una pseudo normalità, le strade si riempiono di nuovo di auto (tra queste quella di uno stronzo maledetto che si è passato tutta la quarantena a tirare acceleroni col freno a mano inserito giusto sotto casa mia), i bar brulicano di persone, io penso all’ufficio. Penso a quel maledetto del mio capo, che è uno stronzo bipolare, penso a Depresivo, che è un rottame umano che emana patetismo da tutti i pori e che si permette ancora il lusso di fare il presuntuoso, penso a La Tamarra e La Finta Simpatica, simpatico duo di stronze false come le monete da 3 euro con l’atteggiamento da bullette delle scuole medie, e penso alla Barbie col Mascara Sciolto, un esserino di un metro e cinquanta sempre taccomunito e provvisto di 10 strati di cerone, che puntualmente si squaglia a causa dei suoi ininterrotti pianti cagionati da qualsivoglia stronzata.

E francamente, mi viene il nervoso solo a pensare al fatto di condividerci il pianeta con queste persone, figuriamoci se voglio tornare a condividerci il posto di lavoro. Per non parlare poi dell’idea di ricominciare ad alzarmi alle 8 del mattino e di perdere tutti i giorni un’ora e passa della mia vita solo per andare e tornare dall’ufficio due volte al giorno, perché qualche stronzo ha deciso che bisognava spezzare l’orario. Invece di iniziare alle 9 e finire alle 6, come in tutti i fottuti uffici della zona, ad eccezione di quelli che ti consentono di stabilire autonomamente il tuo orario, noi dobbiamo tornare a casa alle 2 nel bel mezzo del traffico e al picco del sole, mangiare in fretta e furia e rimontare in auto alle 4, per andare a scaldare la sedia per tre ore nel bel mezzo della digestione.

Poi però le frasi buoniste sull’importanza della famiglia non mancano mai. Perché si sa, con quell’orario del cazzo ti rimane un sacco di tempo da passare con degli eventuali figli, contando che si arriva a casa alle 8 passate e i bambini normalmente alle 9 sono già a letto.

Poi vabbé, lasciamo perdere chi figli non ne ha, o peggio ancora chi non ha neanche un partner. Nel mio posto di lavoro, luogo che definire dalla mentalità arretrata è dire poco (una casalinga anni ’50 sarebbe più open minded), chi non è sposato e non ha figli praticamente non ha una vita. Ci si aspetta che viva in funzione del lavoro, che gli si possa proporre una trasferta dell’ultimo minuto in capo al mondo, perché intanto, se non hai figli o – peggio ancora – sei single, che cazzo avrai mai da fare nel week end? È evidente, secondo loro, che rimarrai in casa a lucidarti il manubrio (se sei un uomo) o a piangere mentre ascolti i ticchettii dell’orologio biologico (se sei una donna).

Meno male che per ora di tornare fisicamente in ufficio non se ne parla, quindi rimane la speranza di continuare così per qualche altro mese, e poi si vedrà. Non ha senso pensarci troppo, dato che a fine estate mi scade pure il contratto.

Ora che mi sono sfogata un po’ torno al lavoro.

Besos, Deli

Ormoni volanti e mestruo incombente

Eccoci qui per il consueto post risentito da fase pre-mestruale, che a cadenza casi mensile viene riproposto su queste pagine, talvolta in chiave depressiva, altre volte in chiave incazzosa, ma sempre colmo di energie negative. Perché in “quei giorni”, si sa, la sensazione è quella di essere il Ragionier Fantozzi e di andare in giro per il mondo con una nuvoletta carica di pioggia sopra la testa.

Da qualche giorno mi sveglio al mattino con la pancia gonfissima, a prescindere dal fatto che la sera prima abbia mangiato un pacco industriale di patatine fritte e o una insalatina scondita. Dopo pranzo, che io abbia mangiato pietre o piume, mi ritrovo in una condizione di prostrazione psicofisica per cui la semplice idea di spostarmi dal divano al tavolino per rimettermi al lavoro sembra una impresa titanica, che richiede sforzi inumani. Qualsiasi frase o osservazione della mia perfetta collega mi fa incazzare e la vivo come un attacco personale, e reprimo a stento la mia rabbia nascondendola dietro a messaggi laconici in chat. L’altro ieri sera sono stata tentatissima di annullare l’uscita con Claire, che non vedevo da febbraio, perché notavo quell’inquietudine di fondo, quella sensazione di stare sulle spine, quella strana ansia che mi fa venir voglia di murarmi in casa da sola anziché trascorrere il tempo con altre persone. Però mi sono obbligata ad uscire ugualmente, passando una serata gradevole sul terrazzino di Claire, a vedere il tramonto e la sua nuova gattina che giocava. Tuttavia, quando sono rientrata a casa ben oltre le dieci e mezza, avevo le tempie che martellavano. Stessa cosa ieri sera. Ho chiamato i miei perché non parlavamo da qualche giorno, ma dopo un’oretta di conversazione desideravo solo riattaccare, correre su a casa, gettarmi sul divano e vedere una puntata dietro l’altra di Mad Men. Spegnere il cervello e ritornare padrona di me stessa.

Ecco, nel periodo pre-mestruale mi sento proprio così: disarmata, incapace di controllare il flusso dei pensieri nella mia testa e, di conseguenza, delle parole che escono dalla mia bocca. Per quanto cerchi di concentrarmi su qualcosa, di rilassarmi, mi ritrovo a ripercorrere mentalmente vecchie strade fatte di rancori, insicurezze, insoddisfazioni.

Ovviamente a tutto questo si sommano gli altri disturbi fisici, tra cui il menzionato gonfiore, il mal di testa, le fitte alla pancia, l’insonnia e l’eccessiva sonnolenza e le tette gonfie e doloranti.

Di buono c’è che so che poi passa. Per anni mi è sfuggito il legame tra certi malumori e il ciclo mestruale, ma ormai appare chiarissimo che le due cose sono collegate. Non per nulla la settimana successiva al ciclo è sempre la migliore del mese, quella della salute e della lucidità recuperata, della voglia di fare e dell’ottimismo.

È come una giostra perversa.

Ieri sera ero proprio un fascio di nervi. Mi faceva male il collo, come al solito, sentivo un leggero senso di nausea e l’idea che oggi P. sarebbe tornato (rientra stanotte) mi infastidiva, invece di rallegrarmi. Mi piace la solitudine, e quando sto così la amo ancor di più. Persino il suono delle notifiche nel cellulare mi infastidisce, come se invadesse i miei spazi, come se il mondo esteriore reclamasse la mia presenza quando ho solo voglia di stare sola, sopraffatta dal suono dei miei pensieri che si accavallano. Ieri, poi, mi ha anche chiamato la mamma di P., che oggi pomeriggio potrebbe aver bisogno di essere accompagnata all’ospedale per una visita. L’idea di dovermi mettere subito in moto dopo il lavoro per andare in ospedale, non potendo godere delle uniche ore di sole in cui potrei camminare ascoltando la musica, mi ha totalmente demolita. Senza contare poi che la visita è alle 7 e mezza, ed io finisco di lavorare proprio alle 7 e mezza, ergo dovrò sgattaiolare via prima da casa e pregare che non arrivi nessuna richiesta in quell’ultima mezzora, nel qual caso mi vedrò obbligata a fingere di aver perso la connessione al wi-fi, per poi completare il lavoro alle 8 e mezza/9 di sera.

Besos, Deli

I’m back

Sono sparita qualche giorno dalla circolazione, inizialmente perché non stavo molto bene di salute ed in seguito perché le eccessive ore passate al pc a lavorare mi facevano passare la voglia di sedermi davanti allo schermo per raccontare i miei deliri.

Venerdì scorso avevo tantissimo lavoro (come accade spesso ultimamente), ma verso l’ora di pranzo ho iniziato a non sentirmi molto in forma. L’antibiotico che mi sono auto-prescritta per la cisti ha funzionato, ma mi ha anche dato qualche effetto collaterale piuttosto sgradevole e che vi risparmio, ma potete facilmente immaginarlo. In aggiunta a questo, ed alle frequentissime visite al bagno, ho iniziato a notare la solita tensione al collo, una di quelle belle toste che non levano le tende nemmeno dopo una pastiglia di ibuprofene. Insomma, alle 6 del pomeriggio ero un rottame completo ed ho abbandonato la scrivania per crollare rovinosamente sul divano, ma sempre con un occhio dal cellulare alla mail aziendale, dato che devo essere operativa fino alle 7 e mezza.

Alle dieci di sera ero ancora in uno stato lamentabile, così ho trasferito le mie terga dal divano al letto ed ho dichiarato chiusa la giornata.

Sabato mattina stavo meglio, quindi mi sono messa a riordinare la casa e a lavare i piatti del giorno prima, abbandonati in cucina insieme alle cartacce del junk food comprato dal cinese sotto casa (che di certo non ha aiutato a superare gli effetti avversi dell’antibiotico, ma almeno mi ha risollevato l’umore), e nel frattempo ho azionato il robottino che ha diligentemente pulito tutti i pavimenti di casa.

Dopo un’ora di aerobica e dopo aver pranzato sono rimasta sul divano a vedere svariati episodi di Mad Men. Avevo iniziato a vedere la serie anni fa senza mai finirla, e dato che ho visto l’episodio finale di Sons of Anarchy (ed ho pianto come un vitello), ho deciso di buttarmi su una serie già conosciuta, e che bene o male so che mi piace. Anche se francamente, dopo la violenza e la crudezza di Sons of Anarchy, Mad Men fa un effetto strano. Molto bella, per carità, ma ha un ritmo molto più lento ed è molto “psicologica”, mentre io mi ero abituata a vedere gente che per risolvere i propri tormenti interiori puntava una pistola contro la testa di qualcuno e gli faceva saltare le cervella.

Nel tardo pomeriggio del sabato, poi, ho fatto una videochiamata con Ali ed ho letto qualche pagina di un libro.

Ieri mattina, invece, ho messo la sveglia. Questa cosa va contro i miei principi per il fine settimana, ma qui in Spagna è consentito uscire a camminare o fare sport solo dalle 6 alle 10 del mattino e dalle 8 alle 11 di sera, almeno per le persone che appartengono alla mia fascia d’età e non hanno progenie da portare al parco, e avevo proprio voglia di stare un po’ all’aperto. Avevo appuntamento con Ali, ma si è addormentata e mi ha raggiunto solo dopo mezzora. La cosa ha giocato in mio favore perché Ali cammina molto lentamente, ed io cammino sempre in modalità razzo, anche quando non ho un cazzo di posto al quale andare, ed avevo proprio voglia di macinare chilometri e sudare per bene. Quando Ali mi ha raggiunta abbiamo camminato ancora per un po’ e poi abbiamo deciso di andare al bar a prendere un caffè take-away. È stato piuttosto strano, non ci andavo da mesi e continuavo a pensare ai guanti, alla persona che preparava al caffè, al rischio che tossisse sulla tazza ed altre amenità del genere. La prossima volta mi sa che ordino un succo.

Una volta rientrata a casa, ho nuovamente infranto i miei principi relativi al week end e mi sono messa a lavorare. Il venerdì, infatti, a causa del mio malessere, non avevo finito di controllare alcuni file che dovevo consegnare oggi, e non volevo ritrovarmi il lunedì mattina a finirli in fretta e furia. Si è rivelata una mossa vincente, perché avevo fatto un mezzo casino con due dei file. Sono stata al pc dalle 11 fino alle 2 per risolvere il problema. Il computer, inoltre, da un paio di giorni è più lento di una locomotiva a vapore, e nonostante la rimozione di un botto di file e la scansione con l’antivirus continua a darmi alcuni problemi. Attendo che rientri P. il venerdì per chiedere a lui di aiutarmi, ond’evitare di combinare ulteriori casini.

Una volta finito di lavorare ho pranzato e poi ho guardato la tele, ed infine ho chiamato mia sorella e mia nipote su whatsapp. Verso le otto sono nuovamente uscita a camminare, senza avvisare Ali perché, di nuovo, volevo camminare veloce e ascoltare la musica.

Finita la passeggiata sono andata a mettere in moto l’auto ed ho fatto il giro del quartiere, per evitare che si scarichi la batteria. A quel punto ho trovato un messaggio di Ali, che mi chiedeva se volevo andare a camminare, e le ho proposto di fumarci insieme una siga passeggiando sotto casa. Anche lì, paranoie a profusione, tra guanti, gel disinfettanti, rimozione temporanea della mascherina per fumare e terrore di avere germi sulle dita sebbene le avessi appena cosparse di alcool.

Paranoie a parte, tutto sommato il week end non è andato affatto male: mettere il naso fuori di casa mi ha fatto bene ed ero entusiasta di non avere più la cisti a rompere le scatole e di essermi liberata della cervicale e degli effetti avversi dell’antibiotico.

Ho anche fatto una piccola sessione di shopping online comprando qualche maglietta e delle scarpe da ginnastica nuove, dato che le mie scarpe risalgono più o meno all’epoca del Sacro Romano Impero e perdono letteralmente pezzi di suola.

Ora torno al mio ennesimo lavoro urgente, questa settimana vorrei evitare di lasciare lavori da ultimare nel week end, se possibile.

Besos, Deli